Giornata Mondiale della lotta all’AIDS


giornata-mondiale-aidsIl 1° dicembre è la Giornata Mondiale della lotta all’AIDS. La prima volta che si sentì parlare di questa malattia fu il 5 giugno 1981, quando si registrarono casi sospetti di polmonite in cinque uomini omosessuali a Los Angeles. Ma in realtà, l’AIDS ha origini molto più antiche, riconducibili ad un secolo fa, almeno da quanto riportato in uno studio del 2014, pubblicato sulla rivista Science. Lo studio, condotto dai ricercatori del dipartimento di Zoologia dell’Università di Oxford, ha analizzato la storia genetica dell’HIV. Tutto sarebbe iniziato negli anni ’20, nella città mercantile di Leopoldville, oggi Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Una perfetta concomitanza di fattori storici e sociali in Africa centrale fu la causa della diffusione globale dell’HIV. Ci vollero almeno 30 anni prima che il virus si diffondesse in altre tre città del Paese (Mbuji-Mayi, Lubumbashi e Kisangani) e arrivasse fino agli Stati Uniti e in tutto il mondo nel 1960 e il numero di casi esplodesse nel 1980.

Ma partiamo dalla differenza tra HIV e AIDS. Innanzi tutto essere sieropositivi, ossia aver contratto il virus dell’HIV (virus dell’immunodeficienza umana) non vuol dire avere l’AIDS. L’HIV è un virus che attacca e indebolisce il sistema immunitario: una volta entrato nel corpo si replica danneggiando il sistema immunitario (ossia i linfociti) che difendono da certi tipi di infezioni e malattie. Se non trattato il virus consente a queste infezioni di colpire il corpo: è quando queste infezioni compaiono che c’è l’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita). La persona portatrice del virus HIV, senza infezioni, viene definita sieropositiva o HIV+: significa che è risultata “positiva” al test che vede gli anticorpi all’HIV.

Nel corso degli anni gli scienziati si sono impegnati in una lunga battaglia per migliorare il trattamento del virus con i farmaci antiretrovirali, che rallentano il corso dell’HIV, consentendo così alle difese immunitarie di recuperare e scongiurare il passaggio all’AIDS. Chiaramente chi si cura ha un rischio di trasmettere l’infezione praticamente nullo e un’aspettativa di vita pari a quella degli altri. L’epidemia nasce non tanto da persone che sanno di avere l’HIV e magari non assumono la terapia, ma da chi non sa di essere sieropositivo e, non curandosi, può trasmettere inconsapevolmente il virus.

Ed è questa la parola d’ordine delle nuove campagne di sensibilizzazioneTerapia come prevenzione (TasP ossia Treatment as Prevention) a fianco della Prevenzione Tradizionale che vede l’uso del preservativo.

Come dico sempre in molti dei miei post, nel nostro Paese manca la presa in carico delle Istituzioni rispetto ai problemi che insorgono. Basterebbe una diffusione capillare sul territorio di Test, condom, terapia e informazione per combattere l’HIV. Di soldi se ne spendono molti in Italia, ma quando si parla di salute, la risposta è sempre la stessa: “tagli, tagli e tagli”! Un investimento “oggi” in termini di prevenzione ed informazione si tradurrebbe domani in milioni di vite salvate…

Ma non è solo lo Stato che non fa la sua parte… C’è anche chi, avrebbe tutti gli strumenti culturali ed economici per proteggersi dalle infezioni eppure non lo fa, perchè non ha la percezione del rischio e così finisce per mettere a repentaglio sé e le persone intorno a sé. Ci troviamo di fronte ad un vero problema culturale: negli anni ’90 il virus si diffondeva prevalentemente nell’ambito della tossicodipendenza, oggi la trasmissione avviene per lo più per via sessuale, ma questa non è avvertita come pericolo.

Hiv e l’Aids anche se non fanno più paura, non devono essere sottovalutate, soprattutto dai giovani (tra i 25 e i 29 anni) che sono i più interessati al contagio. A dirlo sono i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità che parlano di 3444 segnalazioni di nuove diagnosi di infezione nel 2015. Un’incidenza che colloca il nostro Paese al 13° posto in Europa. L’85,5% di queste diagnosi è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, il 44,9% tra eterosessuali, il 40,6% tra omosessuali. Ma quello che più allarma è che la maggioranza delle diagnosi sono tardive.

In occasione della Giornata mondiale sull’Aids, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha dichiarato: “Abbiamo un nuovo Piano nazionale Aids: è in via di approvazione da parte del Consiglio superiore di sanità (Css), alla luce dei cambiamenti legati a questa malattia. Il nuovo piano mira a rafforzare la prevenzione e l’utilizzo dei test e verrà discusso dal Css il 13 dicembre e poi andrà alla Conferenza Stato-Regioni, e speriamo di averlo presto approvato”. Tra gli obiettivi del piano, ha chiarito il ministro, innanzitutto “delineare progetti per modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni; facilitare l’accesso al test e garantire le cure; favorire il mantenimento in cura dei pazienti e migliorare lo stato di salute delle persone con Hiv-Aids”. Prioritario anche “coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale, tutelare i diritti sociali e lavorativi dei malati, promuovere la lotta allo stigma”.

Staremo a vedere cosa realmente verrà realizzato di questo nuovo Piano nazionale Aids!

Alessia Curcio